Un giorno, sul finir di un’estate,
quando l’Autunno pittore già prova
i suoi primi vermigli colori,
dolcemente ti presi per mano
-ricordi?-
e seguendo un nascosto richiamo
ti condussi lontano dall’ansante città,
presso un borgo raccolto in collina,
dove ancora si incontra il sorriso,
a mostrarti tre luoghi del cuore
che mai a nessuno avevo svelato :
un Convento, una Casa, una Campagna,
tre scrigni preziosi di un’anima inquieta,
ricolmi di storia, di ricordi, di sogni,
che, con mano un poco tremante,
decisi di schiudere un attimo appena,
dopo anni di segreto silenzio.
Subito, come da mitici vasi dei venti,
canti, richiami, parole, vaghi profumi,
pensieri e brusii d’altri tempi,
volarono in alto sopra di noi,
verso il cielo lentamente percorso
da stormi d’uccelli pensosi,
e poi un grido, fra gioia e singhiozzo,
si diffuse fremente nel silenzio dei campi,
come un risveglio improvviso
suscitato da magici baci.
Ricordi? mi invitasti a parlare
con parole che suonavano antiche
e per pochi, ma eterni momenti
quasi sentii di uscire dal Tempo,
ritrovando tesori che dentro me stesso
pensavo d’avere per sempre smarrito.
Il Convento
Tu non sai (o forse sì?)
quante volte
nei silenzi misteriosi
di magiche sere d’estate
ho ascoltato i miei passi frusciare
sull’ovatta accogliente dell’erba
verso l’antico Convento abbandonato,
dove, fra solenni arcate sapienti
e solide mura di pietra
ancora impregnate di remoti incensi,
già cantavano placidi i grilli,
mentre ombre serene ed amiche
di monaci senza tempo,
aleggianti fra gli ultimi voli di rondini,
mi ristoravano l’anima affranta,
riaprendomi al cielo,
dopo gli interminabili giorni della città,
offesi da frastuoni laceranti.
E l’intrecciarsi degli ulivi,
su cui la prima luna
stillava le sue gocce d’argento,
con l’ardita leggerezza dei cipressi,
levati al cielo
come esili pennelli
a dipingere l’incanto violaceo del crepuscolo?
Sembravano anch’essi seguire i miei passi
come in lenta, raccolta processione,
anch’essi protesi a quell’ascolto del Mistero.
E tutto, intorno, era un’eco di sussurri,
di richiami, di domande, di attese,
di sommessi bisbigli :
parole segrete, che davano un po’ di tregua al Tempo,
troppo a lungo inseguito
dai giorni ansimanti dell’affanno.
Poi, ecco, su quel Tutto,
sul mondo delle cose,
dei viventi e delle ombre,
del presente e del passato,
improvviso, dal folto delle alte siepi di bosso,
o, forse, dal profondo delle macchie rigogliose di lillà,
il divino Maestro usignolo
intonava il suo canto fluente,
e quel ruscello limpido di liquidi suoni,
quasi muovendo da altezze inestimabili,
sfiorava la campagna come una carezza d’oro,
come un suadente invito all’armonia,
riaprendo ogni spazio alla speranza.
Allora, nel cielo, nel mio cuore,
su tutta la natura amica a me d’intorno,
dolcemente fluiva una risposta arcana,
ed improvvisa, la diamantina luce delle stelle
mi svelava le geometrie celesti,
a ricordarmi un ordine nascosto
che tutto avvolge senza fine :
ed io scoprivo nuovamente
la musica segreta dell’Amore,
che impreziosisce tutte le creature
vincendo il tempo dell’invidia.
Ecco il senso di quel mio pellegrinaggio,
ecco il vago richiamo di quel luogo.
Solo allora, col passo della pace,
sereno tornavo alla mia Casa,
così vicina al Convento dei miei sogni :
recando ai miei figli un canto commosso,
un grido di gioia nel cuore,
uno sguardo di luce radiante,
un ultimo volo saettante di rondini
che giocano liete con i giorni futuri.
La Casa
Tu non sai (o forse sì?)
quante volte
nel raccolto silenzio del pensiero,
quando la mente inquieta
cerca un segno di pace,
ho rivisto la mia Casa vicina al Convento,
in mezzo alla quiete dei campi,
dolcemente adagiata in collina
come una Madre accogliente,
solida e antica,
orgogliosa delle sue rotonde mura
abbellite dal sorriso delle rose,
corteggiata dalla festa degli ulivi
e da alti cipressi aristocratici.
Là, dove l’iris fiorisce spontaneo in estate,
dipingendo di tenero viola i declivi solari
inondati dal canto della cicala instancabile ;
là, fra intensi richiami di vita,
fra suoni, brusii festosi,
canti, risa e gioiosi incontri ;
là, per molte estati della mia vita,
io son cresciuto assieme ai miei figli,
scoprendo stupito, giorno dopo giorno,
la meraviglia della rotondità del Tempo,
scritta nel mistero di quelle antiche stanze,
un po’ annerite dal fumo del camino,
ma ancora echeggianti i sussurri di più generazioni,
e sagge custodi di instancabili veglie
e di serali fantasie attorno al fuoco.
In quella Casa, forse mai costruita dall’uomo,
ma nata spontanea, come dono fiorito
della potente forza della Terra,
più volte la Natura mi ha parlato,
educandomi all’arte dell’ascolto,
invitandomi a sopire l’ansia
dei giorni più amari e crudeli,
che rendono sordi e torpidi i sensi.
Così, nelle ore più varie del giorno,
dall’alba alle notti stellate,
nei momenti in cui tutto taceva,
il mio cuore ha viaggiato instancabile
a carpire il segreto richiamo delle cose :
dal canto d’amore del superbo fagiano
che echeggiava imperioso nel silenzio dei campi,
al cinguettio timido dei passeri lieti
che nutrivo con mano affettuosa,
al ronzio laborioso dell’ape solare,
alle storie nascoste sussurrate dal vento d’estate
tra le fronde della solida quercia,
che accarezzavano come mani sicure
le finestre socchiuse delle mie stanze,
fino al canto lunare della saggia civetta
che scandiva le ore incantate della notte,
quando la Casa, in penombra,
tutta si animava di respiri arcani,
di delicati fruscii, di profumi struggenti,
che io assaporavo avido, in silenzio,
sentendo fluire nell’anima
un infinito bisogno di dare e ricevere Amore,
mentre avvertivo nella mente
resa fervida da quelle magie
un intenso intrecciarsi di favole,
che poi narravo gioioso ai miei figli.
Ora, quella casa del sole e della luna piena,
sulla collina rigogliosa di frutti,
è solo un luogo del cuore,
un nodo d’ingialliti ricordi,
ma sempre rimane un richiamo segreto
di fertile vita che tiene lontano
il lento declino del mio Tempo,
donandomi ancora la forza
di giocare con favole strane,
che oggi, malgrado i bianchi capelli,
continuo ad offrire instancabile
all’avido ascolto stupito
dei figli dei miei figli,
come invito ad amare la Vita
e a carpirne i più segreti bisbigli.
La Campagna
Tu non sai (o forse sì?)
quante volte,
in Inverno,
assediato dal respiro affannoso
della città stanca ed oppressa
da insidiosi veleni
che inaridiscono l’anima,
rendendo gli uomini torvi nemici fra loro,
ho sentito sempre vivo nel cuore
il metafisico richiamo del cuculo,
che, nell’ora più cara al mitico Fauno,
come un flauto fuori dal Tempo,
riempiva di echi solari
i fertili poggi fioriti
della mia diletta Campagna.
In quell’ora in cui tutto riposa,
spesso seduto immobile
all’ombra frusciante
della quercia dinanzi alla Casa,
anch’io quasi arboreo
fra il sussurrar degli ulivi,
delle viti, dei cipressi,
dei ciliegi dai turgidi frutti
e dei fiori variopinti, fertili di polline,
lasciavo che poco per volta,
in una misteriosa metamorfosi,
tutti i miei sensi,
destati da quei magici echi,
si trasformassero in radici profonde,
immerse nell’ascolto del cuore pulsante
di quella Terra dispensatrice di doni.
Terra del grano, dell’olio, del vino
e dell’intenso profumo di giaggiolo ;
Terra antica, coltivata con fatica immensa,
ma anche amata con passione pervicace
da un corteo interminabile
di generazioni laboriose ;
Terra elegante, di superbi ozi aristocratici,
costellata di ville sontuose
e di castelli densi di storia ;
ma anche Terra consacrata alla preghiera
e al silenzio del raccoglimento,
dove ancora biancheggiano candide,
fra il verde dei poggi,
mille piccole chiese,
spesso sorte d’incanto,
con le semplici linee della Fede,
all’ombra di antichi conventi oggi abbandonati ;
Terra vitale, risonante di canti,
popolata da innumerevoli specie di animali,
francescane creature che trasmettono sempre
un messaggio d’Amore all’uomo che cerca ;
Terra privilegiata fra tutte,
perché forse accarezzata da Dio stesso,
prima della nascita del Tempo,
per modellarne le dolcissime forme.
Quante volte, nell’Estate dei cieli azzurri
e delle bionde messi rigogliose,
quando l’uva già comincia a vestirsi
del suo bruno vigore,
attraendo il passero accorto,
in giocoso corteo coi miei figli
ti ho percorsa, estasiato e commosso,
Terra della mia anima !
Ogni passo era un grido di gioia,
un richiamo di risa argentine,
un rincorrersi lieto fra il rigoglio dei campi,
una gara con le rondini in volo,
mentre Tu, materna e benevola Terra,
tutte svelavi le Tue meraviglie,
donando a sensi infantili appena dischiusi,
la visione di divine armonie,
che anche soltanto intraviste una volta,
rimarranno impresse nel cuore,
come invito perenne
ad amare e lodare la Vita.
Che Voi siate benedetti per sempre,
Convento, Casa e Campagna,
luoghi preziosi della mia esistenza,
che dolcemente educaste l’Anima mia
a sentire il canto delle cose,
a trasmetterlo intatto ai miei figli,
e a donarlo, ancor oggi, con Amore immutabile,
al nuovo, gaio corteo dei figli dei figli.
Luigi Adamo
Rock Island, Illinois, U.S.A.
19 Dicembre 1998 – 9 Gennaio 1999