Introduzione

Questa “testimonianza” è un po’ particolare, ma, per me, anche molto preziosa e coinvolgente, per cui richiede qualche parola in più di spiegazione. Proviene da una persona speciale, che ormai da tanti anni è uno dei miei più cari amici, di quelli con i quali incontrarsi, sia nei momenti lieti che nelle situazioni un po’ più tristi, è sempre un evento ricco di gioia, di conforto e di affettuosa sintonia.

Un amico di fervido estro creativo, che proprio pochi mesi fa, seguendo i miei reiterati inviti, ha finalmente deciso in modo inaspettato di dare alle stampe una raccolta di sorprendenti “racconti” da lui scritti nel corso di molti anni della sua vita e sempre tenuti rigorosamente segreti.

Già il titolo del libro è in grado di declinarne programmaticamente il contenuto, molto chiaramente indicativo sul tipo di personalità dell’Autore: L’Altrove. I racconti di Inquieto. Si tratta di una cospicua serie di favole brevi, un po’ surreali, popolate da protagonisti strani, dai nomi spesso impossibili, i quali anelano ad una vita e a un mondo migliore e sono
ricchi di sogni e di strabilianti fantasie. Anche se spesso sono vinti dalla dura realtà, tuttavia rimangono sempre instancabilmente protesi a sognare e valicare i confini del visibile per dare un senso all’esistenza.

“Il Satiro danzante“ e’ uno di questi racconti. L’amico Luca (cosi’ egli si chiama veramente, e mi ha chiesto di mantenere il suo nome reale anche in questa sede), scrivendolo e proponendomi di pubblicarlo fra le testimonianze di questo blog, ha voluto racchiudervi, in termini metaforici, la storia del nostro incontro e della affettuosa amicizia che poi si e’ sviluppata fra noi nel corso degli anni, “come una grande danza esistenziale”, ispiratagli dalla statua bronzea di un Satiro in atto di danzare, ritrovata in fondo al mare dinanzi a Mazara del Vallo e custodita nel Museo di quella città siciliana. Una proposta che ho accolto con grande gioia, come un dono prezioso che l’amico ha voluto dedicarmi, a testimonianza di un percorso che io definirei simbolicamente “magico”, iniziato all’insegna di una “cura” e poi trasformatosi in una indelebile amicizia.

Conobbi Luca nell’ormai lontano Ottobre del 1974, quando egli aveva 24 anni ed io 38. A quel tempo, oltre che Psicologo e Professore di Filosofia e Storia in un Liceo Classico di Firenze, ero anche assistente alle cattedre di Psicologia Generale e di Psicologia dell’Età Evolutiva nella Facoltà di Magistero di Firenze. Il nostro primo contatto avvenne nella sede di un Gruppo Scout, in occasione di un incontro serale sui problemi dell’adolescenza, al quale ero stato invitato da Luca stesso, che era il responsabile del Gruppo. Egli si era inizialmente rivolto ad un mio collega dell’Università , il quale gli aveva fatto il mio nome come “persona adatta” a questo tipo di incontri. Al termine della serata, al momento di congedarci, egli mi chiese il biglietto da visita col recapito del mio studio e dopo pochi giorni mi cercò per un appuntamento. Da questo incontro professionale iniziò la nostra storia.

A quel tempo Luca aveva perduto da poco il padre e la sua personalità , duramente colpita dall’evento, si trovava in difficoltà nella elaborazione del grave lutto. Era vicino alla conclusione dei suoi studi nella Facoltà di Scienze Politiche, ma la pesante perdita aveva provocato una battuta d’arresto nel suo percorso universitario, peraltro assai vicino alla conclusione, mettendo in crisi anche la sua sicurezza e la fiducia nelle proprie risorse intellettuali e culturali, con conseguenti fenomeni di carattere fobico.

Fin dal primo istante, tuttavia, non mi parve che fosse una persona da definirsi “clinicamente” fobico-depressa. Sicuramente triste e addolorato per la perdita del padre e impegnato a sostenere la madre in lutto, mi sembrò che fosse soltanto un giovane esistenzialmente disorientato dinanzi ai nuovi compiti di responsabilità cui la perdita del padre lo richiamava. Infatti, era stato subito obbligato a cercarsi un primo lavoro e, in sostanza, si trovava a dover fronteggiare un problema di ulteriore crescita umana e sociale, che lo strappava bruscamente da un passato nel quale altri, probabilmente, avevano sempre deciso per lui.

Forse, più che di una “cura” vera e propria, in “camice bianco”, aveva bisogno di una “guida” che, con delicatezza e coinvolgimento empatico, lo aiutasse a prendere coscienza di se’ e delle proprie potenzialità umane e intellettuali per spiccare il volo verso una piena autonomia. Compito, questo, che, ascoltandolo e calandomi gradatamente e con
discrezione nel suo mondo interiore, mi parve fin dall’inizio non solo più che possibile, ma persino entusiasmante.

Luca, oltre che studente, adesso anche lavoratore, era un valido capo-scout, molto abituato a stare con i ragazzi e , per ciò stesso, in possesso di una notevole sensibilità e di una mente recettiva e creativa, ricca di fantasia e di estro, ben sostenuta anche da una ottima capacita’ organizzativa: tutte doti che, unitamente al suo modo di porsi simpaticamente nelle relazioni umane, lo avevano reso assai degno di stima e di fiducia da parte dei genitori degli adolescenti che gli venivano affidati. Questo background costituì un supporto fondamentale nel lavoro che intraprendemmo insieme, rendendolo fin dall’inizio vivace, effervescente e costruttivo.

Ben presto fra noi si creò un feeling molto intenso, che in tempi relativamente brevi portò Luca a superare le sue incertezze ed il suo disorientamento dinanzi ai nuovi compiti che la Vita gli aveva improvvisamente proposto. Ripresi gradatamente gli studi e conseguita la Laurea, egli, nel giro di due anni, elaborò in modo assai positivo tutta la problematica che lo aveva afflitto all’inizio dei nostri incontri e teoricamente potè infine dichiararsi “guarito” da tutte le tensioni che lo avevano agitato e sconfortato in precedenza.

Il nostro rapporto “professionale”, conseguentemente, si era concluso in modo più che soddisfacente, con scambi molto dinamici ed assai ricchi di vibrante umanità. Luca aveva cominciato a vivere con gioia e in piena autonomia il suo rinnovato entusiasmo verso la vita e a questo punto non sarebbe rimasto altro che separarci, come avrebbe suggerito la consueta prassi “terapeutica”.

Ma non fu cosi’. Molti erano stati gli argomenti e gli spunti di carattere filosofico-esistenziale che avevamo sfiorato nel corso dei nostri incontri psicoterapeutici e molte erano le curiosità culturali che erano maturate in Luca, sulla solida base della sua spiccata attitudine ad appassionarsi su tutto ciò che potesse stimolare la sua riflessione, il suo estro e la sua fantasia.

Conclusa la terapia, egli volle continuare a mantenersi in contatto con me per cercare risposta a molte domande di carattere filosofico-esistenziale che ormai avevano cominciato a “zampillare” con crescente insistenza nella sua mente sempre fervida di acquisire nuove conoscenze.

Questo suo sincero bisogno di crescere anche sul piano culturale e umano finì col chiamare in causa l’altro versante della mia professione di Psicologo, cioè il mio ruolo di Docente di Scienze Umane, sempre a contatto con i giovani, per cui accettai con entusiasmo di continuare a frequentare Luca, dapprima come una specie di “Socrate” sempre disponibile a fargli “partorire” le verità e i valori più belli della sua personalità; poi, via via che Luca cresceva interiormente, divenni un amico, sempre più presente nella sua vita privata, come lui lo divenne nella mia, fino a che le nostre due vite si intrecciarono indelebilmente in un profondo, cordiale e affettuoso sodalizio senza fine.

Adesso sono ben 46 anni che ci conosciamo. Luca ha 70 anni, felicemente sposato, con due figli; io ne ho 84, con moglie, due figli e quattro nipoti. Le nostre mogli si conoscono e spesso si frequentano. Possiamo definirci due amici anziani, ormai sul viale del tramonto? Ritengo di no. Il Satiro ha vinto i secoli e continua a danzare, instancabile da quando è riemerso dalla profondità del mare dinanzi a Mazara del Vallo. Mazara del Vallo è la città delle mie origini. Luca lo sa e per questo, visitando quei luoghi, ha visto nel Satiro la storia del nostro incontro.

Sotto la guida di quel Satiro danzante, la nostra straordinaria danza dell’Amicizia è tutt’altro che finita. E non è certamente una danza di “anziani”. C’è e ci sarà ancora tanto da scoprire insieme, proseguendo, instancabili, quella interminabile danza che ha intrecciato le nostre vite.

Luigi Adamo

Il Satiro danzante

Albino Cercasenso non era da molto che si era inoltrato nella valle della Pauradellapaura, camminava senza una meta, la sua anima era inquieta, i suoi occhi parevano quelli di un cerbiatto in fuga. Era da tempo che l’infanzia lo aveva abbandonato, lasciandogli in dono un corpo ignorante e tante paure. Non voleva e non poteva tornare indietro, alle sue spalle si era formato un abisso, doveva andare avanti, questo era il suo destino. Quando le urla della sua anima si fecero straripanti e la paura della paura lo rapì, quando ormai si sentì attratto dalle vertigini dell’angoscia, gli apparve un Satiro Danzante, forse un miraggio, pensò, gli si fece incontro, gli sorrise.

Il volto dello sconosciuto era sereno, i suoi occhi brillavano di curiosità, aveva fra le dita anelli d’oro, nel gilè una catenina con un orologio a cipolla che faceva capolino dal taschino, nella mano destra teneva un bastone con un pomello d’avorio.

Capelli impertinenti e barba importante, la sua voce era dolce come il miele, pareva il suono di un’arpa, Albino gli si avvicinò incuriosito, non aveva alcun timore, anzi il suo aspetto lo rassicurava, provò la stessa sensazione che aveva provato nella placenta della mamma, il periodo più bello della sua esistenza.

Si presentarono, e da allora iniziarono a camminare insieme, il Satiro, un adulto bambino e Albino, un bambino adulto, e andarono per erte salite e ripidi ghiaioni, bagnati dalla pioggia e accarezzati dal vento, il giorno riscaldati dal sole e la notte rassicurati dalla luce della luna, un passeggiare ed un bivaccare al chiarore delle stelle. Albino entrò negli abissi della sua anima, a volte gli sembrava di impazzire, a volte gli pareva di volare.

E parlavano, o meglio solo Albino  parlava e il Satiro ascoltava. Albino cercava dall’altro le risposte, ma come un’eco le sue domande gli ritornavano indietro, era lui che doveva dare le risposte che non aveva mai dato. E furono anni belli e anni bui, attraversarono i sogni, cercando di carpirne il linguaggio, i loro segni, contrappunti e distonie divennero compagne fedeli, ma continuarono a camminare insieme e Cercasenso non si scoraggiava più, e la paura della paura lentamente svanì e con lei la giovinezza. Con il trascorrere delle stagioni Satiro iniziò a parlare di sé e Albino imparò ad ascoltarlo. A volte si separarono per mesi, per anni, per poi ritrovarsi uniti come prima per fare un po’ di strada insieme. Satiro veniva da lontano, dall’isola degli aranceti, abitata da un popolo gentile che sa essere molto crudele, nel suo sangue scorrono  rivoli di tante razze, i suoi occhi si perdono oltre l’orizzonte, verso altri continenti. Si pensa che Satiro  sia venuto dal mare, che si fosse inabissato nella continua ricerca di scandagliare l’animo umano, nel titanico impegno di scovare dentro l’anima degli umani  tesori nascosti. Satiro distribuiva a piene mani e gratuitamente perle di rara saggezza, cercando di rendere il prossimo meno angosciato e più fiducioso nell’avvenire. Albino imparò non solo ad ascoltare l’amico trovato, ma anche se stesso, certo è che tra il comprendere e il cambiare percorso non è facile, l’impresa è ardua. Con sguardo benefico Satiro osservava il suo amico di sempre, non si aspettava niente da lui, sapeva bene che quando sarebbe stato il momento Albino avrebbe spiccato il volo, le sue ali di gesso si sarebbero trasformate in leggere e potenti piume, il suo sguardo da cerbiatto impaurito sarebbe svanito e la sua anima avrebbe preso su di sé il peso della vita, liberando il suo padrone dal pesante fardello dell’inquietudine. E furono anni di condivisione, la vita divenne incalzante per entrambi, ma continuarono a camminare insieme lungo la valle della vita. Fin dal primo incontro con il Satiro Danzante, un tarlo silenzioso viveva nel cervellino di Albino, infatti egli pensava che Satiro gli avesse sempre detto quello che credeva opportuno che Albino si sentisse dire e non quello che lui pensasse veramente, in altre parole era convinto che Satiro si fosse sempre comportato come un pedagogo con lui, uno il maestro, l’altro il discepolo, e nonostante il tanto tempo ormai passato, entrambi fossero rimasti tali e quali al primo giorno, uno l’adulto bambino e l’altro il bambino adulto. Quando Albino Cercasenso si rese conto che anche lui era diventato un adulto bambino, comprese che accanto a sé aveva un amico speciale e che da tempo non viveva più nella placenta della mamma ma semplicemente nel mondo degli uomini.

Luca

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e troviamo tutto ciò che sta aspettando.


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