SIGNORA CON CANE
Anche ieri le ho incontrate nuovamente, come sempre; sono giorni, ormai, che le vedo prendere l’autobus la mattina presto, alle sette circa, e le incrocio, poi, al ritorno, nel tardo pomeriggio, quasi verso l’ora di cena. Forse non sanno che ora le osservo ; forse non mi hanno neppure notato ; d’altra parte, non faccio niente per farmi vedere e, comunque, anche io, in altri momenti, passai loro accanto distrattamente, da viandante frettoloso che ero …… almeno fino a poco tempo fa ……
Già, perché adesso …… sono cambiato !
E’ da circa un anno, infatti, che mi sembra di guardare il mondo che mi circonda – la natura, le persone, gli animali e tutto ciò che accade in generale, bello o brutto che sia, con una specie di attenzione nuova, piena di vibrazioni emotive e di repentine commozioni mai provate prima d’oggi ; in certi momenti è come se mi sentissi partecipe di un grande concerto cosmico, di cui sono, ad un tempo, parte integrante ed avido ascoltatore ; in altri, invece, è come se fossi un umile anello di un grandioso progetto di Amore, dove gli opposti, all’infinito, potrebbero pacificarsi ……
Una cosa è certa : non mi riconosco più !
Sono diventato improvvisamente uno sterile sognatore ? Oppure, peggio, mi trovo sull’orlo di una sorta di dissociazione mentale, dove rischio di smarrire il senso della realtà ? Questo mi sono chiesto spesso : ma solo per brevi attimi ; perché, poi, tutta la nuova euforia gioiosa che prorompe dalla mia anima, mi incuriosisce, mi entusiasma, mi avvolge e mi fa sentire che sto andando verso qualcosa di bello, e non verso una perdizione !
Eppure, prima d’oggi, ero un professionista inappuntabilmente immerso nel proprio ruolo : molto serio, compassato, “formale”, scattante, con il suo inseparabile cellulare sempre a portata di mano e con la borsa da manager immancabilmente piena di pratiche e di giornali tecnologici, economici e politici ; un uomo, per dir così, “in carriera”, continuamente impegnato ad organizzare e dipanare le proprie giornate con rigore cronometrico, senza nulla concedere alle futilità o all’ozio.
Ero uno che si aggirava per il mondo sfiorandolo distrattamente, come pervaso da una sorta di fanatismo scientifico, con la convinzione che soltanto ciò che è razionale, pratico, prevedibile, tangibile e progettabile (sono un ingegnere !), abbia autentico valore nella vita, mentre tutto “il resto”, dai sentimenti, alle emozioni, alle tentazioni romantiche o filosofiche, alla poesia, sia soltanto un cumulo di fastidiose banalità, degne di svaghi salottieri per persone che hanno tempo da perdere in sofisticate quanto inutili sottigliezze.
Un personaggio che nei rapporti con gli altri si presentava sempre cortese, affidabile nel lavoro, tecnicamente preparato, con una invidiabile clientela, ma poi sbrigativo e lineare sotto il profilo umano, e subito insofferente, indaffarato e sfuggente se qualcuno si fosse lasciato andare, anche lontanamente, a qualche privata confidenza.
Scapolo impenitente, consideravo il matrimonio, o qualunque altro stabile legame, come un grave ostacolo alla carriera, e con le donne intrattenevo soltanto rapporti superficiali, magari garbati e gentili, ma per lo più esclusivamente di letto, senza altre complicazioni, sempre fermamente geloso della mia libertà.
Ed ora ? Da dove proviene questa improvvisa cascata di nuove emozioni, che sta travolgendo sempre di più tutte le mie granitiche certezze, rendendomi talvolta incerto e quasi balbettante, ma continuamente pieno di stupore dinanzi ad una realtà interna ed esterna che mi sembra di conoscere, apprezzare, e, soprattutto,” vedere” per la prima volta ? E perché tutti, dagli amici ai clienti, mi stanno dicendo sempre più frequentemente che mi trovano diverso, più umano, cordiale, partecipe e quasi ringiovanito, e mi chiedono se per caso non mi sia finalmente innamorato ?
Io so soltanto che adesso ascoltare gli altri, conoscerli, soffermarmi a dialogare con loro, a scrutarli dentro con curiosità e quasi con affetto, non mi rende più insofferente, anzi, mi sembra una lieta scoperta, piacevole ed esaltante, proprio come quando, da poco tempo, ho cominciato a notare e sentire l’avvicendarsi delle stagioni, con i loro profumi, i loro colori, i loro suoni, il loro arcano linguaggio che mi entra nell’anima con infinita dolcezza ……
Inoltre, mi accade sempre più spesso di osservare anche le donne con una specie di nuovo interesse, meno intriso di istinto “nomade”, ma pervaso, invece, da una sorta di strana e palpitante tenerezza, spesso intrecciata con una vaga sensazione di solitudine, che mi spinge persino, talvolta, a fantasticare, sia pure per brevi attimi, su come potrebbe configurarsi una quotidiana convivenza, o, addirittura, un matrimonio con una futura, possibile compagna ……
Io, sorprendermi a pensare, anche lontanamente, ad un “ matrimonio”, ad una “moglie”, ad una “famiglia”, e poi – perché no ? -, anche a dei “ figli”, senza provare più quello scalpitante desiderio di fuga, quella gelida riserva mentale nutrita di scetticismo e di intellettualistico distacco dinanzi a ciò che, fino a non più tardi di ieri, avrei considerato come un calvario di insopportabili “ingombri” nella vita di un uomo ?
“Basta !”- mi sono detto, infine, circa un mese fa – “non posso continuare a subire tutta questa rivoluzionaria metamorfosi interiore senza conoscerne le cause ! E’ necessario vederci chiaro, altrimenti non mi resta che impazzire, oppure, come ultima spiaggia, consultare uno psichiatra ! Un ingegnere, abituato alle scienze esatte, che si reca dal “medico dei pazzi” ! Sarebbe proprio un bel risultato !”.
“Tanto per cominciare, userò il metodo che il buon senso e la mia stessa professione mi hanno, ormai da anni, insegnato a seguire, quando i calcoli non quadrano : tornare indietro e ripercorrere con minuzioso spirito analitico, fin dall’inizio, tutti i passaggi effettuati, fino a che non si manifesti l’errore eventualmente commesso.”
Detto fatto, ho preso a ricostruire, con un entusiasmo che mai mi sarei aspettato, tutto il diario delle mie giornate di questi ultimi mesi, a partire da quando si manifestarono i primi “sintomi” della mia strana trasformazione. Sono giunto ad usare, persino, anche le agende dei miei appuntamenti giornalieri ! Ogni mio movimento quotidiano è stato accuratamente rievocato, ponderato, anatomizzato nei minimi particolari, per giorni e giorni, alla ricerca di “indizi”, anche infinitesimali, in grado di “spiegare”, o, almeno, costituire una traccia valida a dare un senso plausibile al mio strano percorso interiore : un po’ come se fossi divenuto improvvisamente un ossessivo ed implacabile “detective” di me stesso ……
Ma …… quale triste illusione ! L’accurato ed impetuoso lavoro attorno a questa specie di “pista”, allo scopo di individuare, quasi scientificamente, specifici nessi causa – effetto fra le mie azioni ed i miei nuovi stati d’animo, entro breve tempo si è rivelato un vero e proprio vicolo cieco, o labirinto, privo di adeguate vie d’uscita. I risultati tanto sperati sono rimasti assenti, e tutto l’iniziale ardore si è gradatamente spento, tramutandosi in un triste e desolato disappunto. Anzi, quanto più ho insistito nelle mie ricerche, tanto più ho finito col sentirmi avvolto nel più fitto mistero, ed ho iniziato ad avvertire una strana agitazione, che, in un crescendo sempre più incalzante, mi sta facendo trascorrere molte notti nell’insonnia più ostinata che abbia mai avvertito nella mia vita.
Alla fine, giunto al culmine parossistico di tutto il mio vano girovagare, un sottile dubbio, o, magari, una vera e propria intuizione ha cominciato ad insinuarsi nella mia mente : forse è proprio il metodo “scientifico” da me usato fino ad ora – un metodo, come di consueto, da ingegnere – a risultare inadeguato al particolare campo su cui devo indagare, quello cioè delle “emozioni” : un campo, fra l’altro, di difficilissimo accesso per uno come me, che fino ad oggi le emozioni le ha sempre controllate o, addirittura represse !
“Forse, occorrerà che io abbandoni per un po’ il mio esasperato ed ossessivo razionalismo, per provare a seguire altri percorsi” – mi son detto alfine, sconsolatamente – “In fondo, le nuove sensazioni che avverto non hanno niente a che vedere con lo spirito delle scienze esatte : sono tutto un altro mondo, magari anche suggestivo. Ma come accedervi, come “capirlo” ? Possibile che non rimanga altro che “subirlo” senza nessuna spiegazione ? Ho perduto la mia identità di un tempo ; molte delle mie orgogliose sicurezze esistenziali vacillano ; come ingegnere continuo a svolgere la mia professione con la competenza, l’abilità ed il successo di sempre : ma come uomo, chi sono ora ? Dove sto andando, e perché ? Esiste una risposta a tutto questo ? So che sta forse accadendo qualcosa di assai importante dentro di me : ma perché non riesco ad esserne pienamente protagonista ? Come posso aiutarmi ?”
Assediato e tormentato dall’insistente turbinio di tutte queste concitate domande, ero ormai quasi inesorabilmente deciso a rinunciare ad ogni ulteriore ricerca, quando, circa quindici giorni fa, al termine di una ennesima notte di affanno, quasi interamente insonne, durante una breve pausa di sopore che la mia spossatezza mi aveva finalmente concesso verso l’alba, è accaduto qualcosa di assolutamente inaspettato, che ha repentinamente risvegliato tutte le mie forze, come una grande, magica ondata balsamica e tonificante : ho fatto un sogno !
Un sogno strano, surreale, inquietante, all’apparenza assurdo, ma, nel contempo, vagamente “familiare”, in grado di “parlarmi dentro”, di attivare arcane risonanze, di bisbigliare remoti suggerimenti, di aprire nuovi orizzonti alla mia anima ormai definitivamente avida di sapere. Un sogno che ha “ preso alle spalle”, quasi “ a tradimento”, uno come me, abituato a difendere la propria “mente notturna” da ogni irrazionale interferenza.
“Mi trovavo a camminare per le strade stranamente deserte di una città sconosciuta, in mezzo ad una fitta nebbia grigia, che rendeva vaghe ed irreali tutte le cose. Indossavo i consueti panni del professionista in carriera : abito di taglio elegante, borsa firmata, piena di progetti ed incartamenti vari, microcellulare alla cintura, impermeabile di stoffa pregiata al braccio, orologio d’oro al polso, scarpe alla moda ai piedi. Sapevo che dovevo recarmi ad un importante appuntamento d’affari, e per questo camminavo in fretta, in preda ad un crescente nervosismo ; avevo la sensazione di essere in grave ritardo, ma, malgrado ogni sforzo, non riuscivo ad orientarmi : oltre alla nebbia che rendeva tutto incerto, le strade non avevano nome, sembravano eguali ed ogni cosa attorno a me era totalmente sconosciuta. Mi sentivo smarrito ed indispettito per la mancanza di taxi, di mezzi pubblici, di gente cui chiedere informazioni e maledivo dentro di me il fatto di aver lasciato la mia auto chissà dove. Camminavo sempre più in fretta, in preda ad una crescente agitazione, quando, dietro di me, sentivo come un guaito, una specie di richiamo timido, discreto, ma chiaro ; mi voltavo di scatto ed intravedevo, nella nebbia, la sagoma elegante ed aggraziata di un piccolo cane che sembrava seguirmi. Senza dare eccessivo peso a quella “apparizione”, proseguivo i miei passi nervosi, sempre immerso nel mio interno borbottio di protesta. Dopo poco, il richiamo si ripeteva, seguito da un distinto zampettio, come se il piccolo cane si fosse messo a trotterellare per raggiungermi. Mi voltavo nuovamente, questa volta indispettito e contrariato, mugugnando dentro di me : “Adesso ci mancava anche il cane a farmi perdere ancora più tempo ! Non bastava la nebbia e la mancanza di servizi e di indicazioni in questa maledetta città !”. Nel frattempo il cane si era avvicinato di molto e potevo intravederne con maggiore precisione le caratteristiche : si trattava di un piccolo “Pinscher” a pelo raso, marrone, con un musetto simpatico, che veniva verso di me, saltellando con la leggerezza di un cerbiatto, e che mi guardava con occhi molto dolci ed espressivi, scodinzolando, quasi come se mi conoscesse e volesse giocare con me. A questa vista, mi fermavo e rimanevo un attimo stranamente perplesso, come indeciso sul da farsi, mentre chissà per quale remotissima via, per una breve frazione di tempo, si insinuava in me, come un fuggevole lampo, una sensazione vaga di familiarità. Ma si trattava solo di una impercettibile esitazione : poi riprendevo a camminare ancora più svelto di prima, come se avessi perduto chissà quale enorme quantità di tempo. Avvertivo, però, che il cane continuava sempre a seguirmi, col suo passo lieve e saltellante, in netto contrasto col mio, sempre più concitato, pesante e rumoroso. Ad un certo punto, il mio piccolo “inseguitore” si faceva più ardito, mi raggiungeva e si metteva a girare intorno a me, abbaiando allegramente, deciso ormai a catturare definitivamente la mia attenzione. Questa “provocazione”, tutt’altro che in sintonia col mio stato d’animo indispettito da tutte le contrarietà della giornata, finiva col determinare in me una violenta reazione di collera, come se quella piccola creatura che voleva solo giocare con me, fosse divenuta quasi il simbolo riassuntivo di tutti gli ostacoli che mi avevano impedito, fino a quel momento, di raggiungere i miei obbiettivi. Mi fermavo nuovamente e, agitando l’impermeabile che avevo sul braccio, urlavo al piccolo cane di andarsene, di scomparire, oppure di andare a tormentare qualche altro sfaccendato, che avesse tempo da perdere in sciocchezze. Il cane, evidentemente sorpreso dal mio inaspettato atteggiamento aggressivo, ammutoliva di colpo, si acquattava, come temendo qualcosa di peggio, poi si allontanava lentamente, tornando indietro e scomparendo gradatamente nella nebbia da dove poco prima era emerso. In quel momento, mi giungeva agli orecchi, quasi come un richiamo fuori dal tempo, una voce femminile, che diceva dolcemente : “Vieni Matilde, non insistere, non disturbare ; forse hai sbagliato persona ; non vedi che il signore non vuole giocare con te, perché va di fretta ? Ci scusi tanto, signore, se le abbiamo creato un po’ di fastidio : Matilde vuol sempre giocare con le persone che le rimangono simpatiche, perché è allegra e comunicativa, ma, anche se qualche volta abbaia per attirare l’attenzione, non è assolutamente cattiva, anzi, è un vero amore ! “. A queste parole, pronunciate con un’intonazione di voce infinitamente amorevole, accattivante, pervasa di sorridente comprensione e di saggezza quasi solare, in netto contrasto con il silenzio e con l’oppressione inesorabile del grigiore che tutto avvolgeva, rimanevo dapprima letteralmente impietrito per la sorpresa, voltandomi e cercando di intravedere in qualche modo chi avesse parlato : ma il mio sguardo, a quel punto, si incontrava solo col muro silenzioso ed impenetrabile della nebbia, che, in quel momento, stranamente, mi sembrava che si fosse infittita ancora di più. Quindi venivo preso repentinamente da una strana agitazione, che mi spingeva, con forza irresistibile, a tornare indietro, mosso dal desiderio di rintracciare le due amabili creature, la Signora ed il suo cane, ormai invisibili. Acceleravo il passo e, ben presto, mi trovavo a correre concitatamente nella nebbia, noncurante di qualche rischio, cui avrei potuto esporre la mia stessa incolumità personale. Sentivo prepotentemente che l’eco di quella voce femminile, così incantevole, e l’immagine del piccolo cane che avevo così malamente scacciato, ora si sarebbero insediate nella mia anima, come una specie di magico richiamo, o come un’impronta imperiosa, che sarebbe stato assai difficile cancellare. Nel frattempo, tutta la fretta incalzante, il disappunto per il ritardo al mio appuntamento d’affari, la collera per essermi smarrito per le vie di quella sconosciuta città, svanivano rapidamente come fumo, per lasciare spazio ad una sensazione, del tutto nuova, vaga, sottile ed insinuante di “colpa” : non simile a quella che si può avvertire per un errore qualsiasi, imputabile ad una nostra involontaria svista ; ma assai più vicina ad un sentimento di “rimpianto”, ben più profondo, struggente e graffiante, come si può provare, ad esempio, per una parola decisiva mai pronunciata in un’occasione importante della nostra vita ; oppure, per una carezza o un bacio mai dati a chi ci ama, per orgoglio, indifferenza, timidezza, frettolosità, egoismo, ottusa stupidità ; oppure, ancora, per un fiore dai mirabili colori, che la natura ha offerto alla gioia dei nostri occhi, lasciato da noi appassire per imperdonabile incuria …… Avvertivo che col mio comportamento insofferente, sbrigativo e, sicuramente, superficiale, questa volta mi ero inflitto una “ ferita” con la quale, ormai, avrei dovuto fare seriamente i conti. Cercavo, ancora per un po’ di tempo, di rintracciare “Matilde” e la “Signora”, girovagando sconsolato nella nebbia e sorprendendomi persino ad indirizzare nei loro confronti qualche timido richiamo, mentre rimanevo fortemente stupito della nuova, strana intonazione supplichevole della mia voce ; quindi mi svegliavo con una sensazione angosciosa di “lutto”, di “separazione”, di solitudine e di perdita, che mi lasciava sconvolto ed agitato per molti minuti, prima che mi convincessi che si era trattato solo di un sogno.”
Un tempo, prima di entrare in questa nuova fase della mia esistenza, così sorprendente, sconcertante e rivoluzionaria, nutrivo verso i sogni una forte avversione e li consideravo soltanto un fastidioso ed irrazionale “incidente notturno”, privo di particolare significato, o, tutt’al più, conseguenza di impercettibili malesseri somatici, legati, ad esempio, a problemi digestivi, a casuali posture scorrette assunte dal corpo durante il sonno, a stanchezza mentale accumulatasi nel corso di una giornata particolarmente impegnativa, faticosa, e via dicendo. In ogni caso, comunque, mi accadeva assai raramente di ricordare qualche sogno e, se capitava, ne rimanevo indispettito e contrariato, e cercavo subito di farne sparire le tracce, perché per me, “sognare” significava soltanto non dormire tranquillo e, quindi, correre il rischio di essere meno efficiente del solito sul piano lavorativo.
Per il sogno della “Signora con cane”, come mi sono sentito subito di intitolarlo, spinto da un’insolita determinazione, le cose, invece, sono andate, fin dall’inizio, assai diversamente. In un primo momento ho avvertito il consueto moto di “risentimento” nei confronti di quell’ inaspettato “film”onirico, che aveva fatto irruzione nella mia notte come una meteora, portandovi scompiglio, e, quindi, ho ingaggiato una vera e propria battaglia per cancellarlo dalla mia mente.
Ben presto, però, mi sono accorto che questa volta non ero io a dominare il sogno, ma era il sogno stesso, come uno strano “virus”, autonomo ed invasivo, a “spadroneggiare”, mio malgrado, nella mia anima, insediandovisi e suscitandovi perentoriamente una sequenza progressiva di strane ed inquietanti emozioni.
In primo luogo, una specie di sottile stato di “trance”, che, nei giorni immediatamente successivi, ha come “ovattato” il mio rapporto con le abituali attività quotidiane, specie quelle lavorative, che ho continuato, sì, a svolgere come sempre, ma con la mente parzialmente altrove, quasi in uno stato di “assenza”, come se fossi continuamente incalzato da un compito misterioso da svolgere, molto più importante e prezioso d’ogni altro impegno.
Poi, ecco, un’idea, che è dilagata quasi ossessivamente nella mia mente : che il sogno racchiuda, come in una conchiglia in fondo al mare di me stesso, tutta la spiegazione dell’attuale svolta della mia vita, e parli di qualcosa che mi è molto, molto familiare, quasi a portata di mano, anche se mi sfugge continuamente, come in un infantile gioco a nascondino, o, forse, meglio, come in una eccitante caccia al tesoro, dove, però, ciò che è celato può essere scoperto da un momento all’altro e richiede, perciò, massima concentrazione ed attenzione costantemente vigile.
Infine, una settimana fa, un evento assolutamente inusitato per un professionista, un tempo così serio, rigoroso ed impegnato come me : un’inaspettata caduta di desiderio e di interesse per il lavoro ; non per disfatta, depressione o “esaurimento” mentale, ma come se la mia personalità si fosse improvvisamente “sdoppiata”, da un lato in un “Io osservatore”, fino ad ora sconosciuto, ma prepotente, vitale, irruente ed incontenibile : giovane, energico, ironico, dissacrante e desideroso di libertà ; dall’altro in un “Io osservato”, cioè l’Io “ingegnere”, il quale, sotto lo sguardo travolgente e sferzante del primo, diviene stranamente umile, pieno d’imbarazzo, esitante, ed infine si scopre vecchio, nudo ed insignificante, da importante e vincente che riteneva d’essere stato fino a quel momento.
L’affannoso susseguirsi di tutti questi stati d’animo, scanditi e distribuiti come in un parossistico ed assordante crescendo, ha finito col determinare in me un pericoloso aumento di affaticamento mentale, facendo entrare veramente in crisi l’organizzazione lavorativa delle mie giornate, e mi ha condotto rapidamente ad un punto estremo di “ non-ritorno”, al di là del quale, ormai, non può rimanere altro se non che io scopra realmente un segnale, una traccia, una rivelazione qualsiasi, che mi permetta di interpretare il senso delle mie visioni notturne e, conseguentemente, dei miei nuovi orientamenti di vita.
In tal modo, ho deciso infine di adottare un’iniziativa, prima d’oggi pressochè sconosciuta al mio abituale stile di vita : prendermi qualche giorno di riposo da tutti gli impegni, approfittando del suggestivo scenario della Primavera ormai in fiore, così solare, ricca di colori, profumi, inviti e segrete seduzioni, per dedicare, questa volta, il mio tempo, a …… fare passeggiate, a rilassarmi e, soprattutto, a riflettere e cercare, in tal modo, di riorganizzare più efficacemente la mia mente ed il mio lavoro.
Eccomi, allora, una di queste mattine, dopo una nuova notte insonne, trascorsa in serrati ed estenuanti dibattiti con me stesso, ad impugnare con ferma determinazione il telefono, per avvertire, con voce forse un po’ strana e in un orario quasi sfacciatamente antelucano, tutti i miei collaboratori (subito apertamente stupiti), di una mia improvvisa partenza “per motivi di famiglia”, e, conseguentemente, di una mia temporanea irreperibilità fisica e telefonica per un certo numero di giorni ; iniziativa, quest’ ultima, da me attuata immediatamente, spegnendo tutti i cellulari e staccando la spina del telefono di casa, quasi con un gesto simbolico di distacco dalle passate consuetudini e di inizio d’un nuovo percorso, aperto a nuovi, sconosciuti orizzonti.
Quindi, me ne sono uscito alla stessa ora di tutte le mattine, questa volta, però, a piedi, in tenuta “casual”, e con un senso profondo ed inaspettato di libertà e di leggerezza, senza borse, senza scadenze, persino senza orologio, distrattamente dimenticato sul comodino, e senza nessuna premura, non col consueto passo scattante del professionista in carriera, ma con l’incedere assai più lento e pensoso del viaggiatore pieno di curiosità, recettivo e partecipe, attento a cogliere, in tutta la loro ricchezza, le mille suggestioni, i mille segreti messaggi provenienti dalla natura o dal mondo dell’uomo.
Immerso avidamente nell’incantevole e quasi magica luminosità di una promettente mattinata, colma di cinguettii, di saettanti voli di rondini, di lontani brusii umani, mi sono inoltrato in un viale alberato che costeggia la strada che abitualmente percorro in auto per recarmi in ufficio.
Si tratta di un viale che, ovviamente, ben conosco, anche se, a quanto posso ricordarmi, mi è accaduto di percorrerlo assai di rado ; ma, quando quella mattina vi sono entrato, ho provato quasi subito la strana sensazione di “scoprirlo” per la prima volta, come se avessi varcato una specie di misterioso confine.
Inizialmente, con cauta e razionale ironia autodifensiva, ho giustificato questa singolare “percezione”, ricorrendo, da un lato alla novità della situazione di “passeggiatore sfaccendato” in cui ero venuto a trovarmi, dall’altro alla nuova prospettiva ottica dalla quale osservavo il viale, che fino ad allora avevo guardato ogni mattina frettolosamente, solo come osservatore esterno, dal finestrino della mia auto ; poi, però, lentamente, mi sono accorto che si stava preparando ben altro dentro di me : qualcosa di così importante, decisivo, sconvolgente, magico, da potersi paragonare alla reale scoperta di un nuovo continente, prima totalmente sconosciuto..
Dapprima ho cominciato ad avvertire come una lieve alterazione del mio respiro e del battito del mio cuore, con un senso di subbuglio allo stomaco : non, tuttavia, come se fossi improvvisamente preda di un malessere, ma, piuttosto, come se stesse prendendo corpo, in me, la tipica, palpitante emozione di chi si sta recando ad un primo appuntamento d’amore, con tutte le intense ed altalenanti vibrazioni, ora di timorose incertezze, ora di ardite e sconfinate speranze che questa esaltante esperienza può comportare.
Poi è stato come se tutti i miei sensi si accordassero all’unisono, come le corde di uno strumento prezioso, su una tonalità emotiva di attesa febbrile, che, mentre per certi versi mi smarriva, per altre vie agiva in me come un potentissimo richiamo di inebriante felicità.
Infine, è stata la volta della mia andatura : più camminavo e più sentivo il mio passo divenire lieve, quasi danzante, come se mi stessi recando ad una festa ; ed era, anche, come se respirando profondamente i profumi degli alberi, dell’erba smeraldina e dei fiori delle aiuole che si sviluppavano ai lati del viale, quasi perdessi peso, lievitando leggermente, quanto bastava per “sfiorare” e non più “calcare” la ghiaia sparsa sul terreno.
Ad un certo punto, giunto al culmine di questa mia euforia, preso da un entusiasmo sempre più profondo e vorticoso, non ho potuto fare a meno di mettermi a correre, spinto da un’energia ormai prorompente ed incontenibile, che aveva come rotto gli argini di tutte le difese e le remore superstiti :
ed è stato proprio in quel preciso momento che Matilde è sbucata, come d’incanto, da un’aiuola fiorita, correndomi incontro, con la sua andatura leggera di tenerissimo cerbiatto, abbaiando festosa, scodinzolando, ed invitandomi chiaramente a giocare con lei !
In un solo attimo, come se si fosse accesa d’improvviso una luce sfavillante, a svelare i favolosi tesori a lungo nascosti in una buia stanza segreta, ho compreso che era proprio questo l’Incontro che tutto il mio essere desiderava e stava attendendo ormai da chissà quanto tempo. Fermandomi di colpo, mi sono trovato in ginocchio, le braccia protese ad accogliere la piccola Matilde, che, ora abbaiando, ora mugolando di gioia, entrava impetuosamente nel mio abbraccio, mi copriva il viso di gioiose e morbide leccate, mentre io stringevo a me quel corpicino così vitale, vibrante, vellutato, come si può abbracciare un Amore, un Amico, una persona carissima, ritrovata dopo anni ed anni di separazione.
“Matilde, che cosa ti succede stamani ? Sembra proprio che tu abbia incontrato un grande amico ! Vieni, cara, tra poco arriva l’autobus ; se lo perdiamo faremo tardi in ufficio ……”. A questo richiamo dal tono infinitamente amorevole, Matilde si liberava dal mio abbraccio con un movimento sinuoso ed aggraziatissimo, e correva verso quella voce dolcissima che già avevo conosciuto nel mio sogno, mentre io alzavo gli occhi e, in quella magica mattinata solare, dove i miracoli, ormai, apparivano come la cosa più naturale del mondo, il mio sguardo si incontrava, per la prima volta, con la Signora.
Figura esile, slanciata ed armoniosa, drappeggiata in un lungo abito a fiori dalle maniche a sbuffo, la vita sottile sottolineata da una morbida cintura di stoffa preziosa, una candida borsa a tracolla ed un vivace, elegante foulard al collo, si dirigeva nella mia direzione, camminando leggera al centro del viale fiorito, come un inno alla Primavera, i piedi affusolati racchiusi in un elegante paio di sandali. Quella improvvisa visione, che quasi sembrava uscire interamente da un quadro impressionista, e quella voce, piena di grazia, di musicalità e di amore, producevano in me un’improvvisa, travolgente commozione, di cui non riuscivo a cogliere la causa, ma che mi rendeva repentinamente muto, incapace di pronunciare qualsiasi parola, come se fossi rimasto improvvisamente paralizzato. Nel frattempo, Matilde tesseva una gaia e vivacissima spola fra la Signora e me, abbaiando, correndo, saltando, emettendo richiami di tutti i tipi, in una confusione festosa, che accresceva il clima d’amore e di scoperte di quell’indimenticabile inizio di mattinata.
Ad un certo punto, colmata la breve distanza che ci separava, la Signora mi raggiungeva e si soffermava un attimo presso di me, ed io potevo notare i suoi morbidi capelli castani raccolti sulla nuca, che mettevano in risalto l’ovale perfetto del suo viso, puro, grazioso, sereno ed illuminato da uno sguardo dolce, rassicurante ed accogliente, ma, nello stesso tempo intenso e forte, che lasciava trapelare impercettibili tracce di una sofferenza forse antica, lontana, persino mortale, cui quella creatura doveva aver dato, un tempo, con chissà quale estrema e combattiva energia, una fiera risposta di vita : il che aggiungeva a quel volto, come tocco sapiente d’un grande pittore, una decisa ed affascinante pennellata di nobile regalità ……
“Scusi, Signore, per tutto il fastidio che forse le sta arrecando Matilde : è veramente strano, ma sembra che la conosca da chissà quanto tempo …… Matilde è sempre molto giocosa, ma questa volta ha proprio superato se stessa : chissà che cosa passa, ogni tanto, nella sua amorosa testolina …… Forse, però, può darsi che sia rimasta molto colpita, come io del resto, dal modo così amorevole con cui anche lei ha risposto ai suoi slanci …… E’ sempre veramente bello, ma anche sempre più raro in questo mondo, dove tutti vanno di fretta, vedere una persona sconosciuta che una mattina di Primavera si ferma, si inginocchia e si concede il tempo di giocare con un piccolo cane che non chiede nient’altro che dare e ricevere un po’ d’amore, la cosa più semplice, ma anche la più grande che vi sia al mondo. Molte persone, ormai, si sono complicate così tanto la vita, da dimenticare sempre più spesso la semplicità dei sentimenti più puri e naturali. Grazie per Matilde e per me, Signore : oggi lei ci fa iniziare la nostra giornata in un modo veramente speciale ! Adesso ci scusi, dobbiamo proprio togliere il disturbo…… Arrivederci…… Vieni, Matilde, andiamo a prendere l’autobus”. Così dicendo, la Signora, con mossa elegantemente armoniosa, si chinava, prendeva in braccio Matilde, che docilmente ed amorevolmente si abbandonava a quell’invito, e, con un incantevole sorriso che sentivo scendere nel mio cuore come un lontano, struggente richiamo, si allontanava, sfiorando appena il terreno e dirigendosi verso la fermata dell’autobus, situata in fondo al viale.
Mentre la Signora parlava ed io la potevo osservare, sempre più commosso, smarrito, pieno di stupore, senza riuscire a proferire parola, dentro di me, nel frattempo, prendeva forma un evento assolutamente straordinario e del tutto decisivo. Come se qualcuno avesse improvvisamente aperto il libro della mia vita, ponendo il dito su di una pagina cruciale e rivelatrice, sulla quale era assolutamente necessario richiamare tutta la mia attenzione, io mi accorgevo che la regale Signora, la piccola Matilde, l’alone d’Amore senza limiti che da quella coppia emanava luminosamente, mi riportava, chissà per quali remotissime e segrete strade sperdute nel profondo della mia esistenza, ad un altro, ancora più antico, commovente, incondizionato Amore della mia vita : quello di mia madre, che avevo perduto quando ero ancora un bambino alle soglie della scuola elementare, e che ora ritrovavo in quel viale fiorito della mia memoria, in quella mattinata di Primavera, per merito di quelle due divine creature, autentiche messaggere di vita, che Dio mi aveva prima inviato in sogno e poi mi aveva fatto incontrare nella realtà, in un’esplosione di inenarrabile meraviglia.
Come folgorato dal rapido succedersi di tutte queste rivelazioni, rimanevo attonito ed immobile a seguire, ancora per un po’, la Signora e Matilde con occhi pieni di nostalgia e quasi imploranti, che mai avrebbero voluto staccarsi da quella visione d’incanto, fino a che esse non salivano sull’autobus, dileguandosi. Quindi, rientrando lentamente in me stesso, riprendevo a camminare, in preda a tumultuanti emozioni, in quel viale, divenuto, ormai, il “mio” viale, o, meglio, il viale della mia vita, avvertendo nella mia anima una sensazione del tutto nuova di “approdo”, di letizia, di appagamento, dovuto alla certezza di essere giunto, finalmente, quasi al termine di un lungo, tormentato viaggio di ricerca.
Tutto questo accadeva circa una settimana fa.
Dopo quella straordinaria mattinata di magici incontri, ho preferito inizialmente sfuggire all’insidia del ritorno del mio consueto “razionalismo” : l’ho considerato ormai vecchio ed inaffidabile, e mi sono astenuto, perciò, dal cercare qualunque ragione logica che fosse in grado di spiegarmi “scientificamente” l’inquietante coincidenza fra i personaggi del mio sogno e la realtà che avevo vissuto. Ho voluto, invece, lasciarmi andare interamente, quasi con avidità, ad assaporare la stupenda meraviglia e la profonda commozione che provavo dentro di me, attendendo che, questa volta, fosse il “cuore” e non la “mente” a svelarmi il senso più autentico di ciò che era veramente accaduto.
E la mia attesa, infine, non è stata vana ; avevo bisogno di una risposta semplice, immediata, limpida, e questa mi è arrivata inaspettata, ma con la rapidità del lampo, proprio da una persona che, di solito, privilegia sempre le vie del cuore : cioè da parte della mia fedelissima Tosca, la mia “perpetua” (come spesso la chiamo scherzosamente), una cara donna di mezza età, che, ormai da anni, si prende cura, inappuntabilmente ed affettuosamente, di me e della mia casa, con la sbrigativa, ma premurosa energia, un po’ matriarcaleggiante, della persona di campagna, abituata a sostenere ogni fatica.
Essa, tutte le mattine, assai prima che io esca, arriva puntuale “per preparare la colazione”, come spesso mi ripete, “al “suo” ingegnere, che deve iniziare la sua giornata in perfetta forma, per affrontare quel suo lavoraccio così difficile, tutto disegni e calcoli, che lo tiene sempre così occupato e distratto, che se non ci fosse lei a provvedere e a mettere in ordine ogni cosa ……!”.
Con Tosca, che, salvo eccezioni, vedo tutte le mattine dei giorni feriali, ma che, per ogni evenienza, è sempre disponibile, abitando a poca distanza dalla mia casa con la sua numerosa e simpatica famiglia, mi piace scambiare spesso qualche parola, non soltanto in merito alle faccende casalinghe da svolgere, ma anche su altri argomenti, dal tempo che fa, alle sue stesse vicende familiari, sulle quali lei mi informa sempre con pittoresca dovizia di particolari, chiedendomi anche qualche consiglio, dal momento che io sono “una persona istruita”.
Si tratta generalmente di scambi rapidi, che talvolta gestisco, a dire il vero, in modo un po’ distaccato e distratto, con la mente già proiettata altrove ; ma Tosca mostra di non accorgersene, sentendosi, invece, assai orgogliosa dell’attenzione che, bene o male, le rivolgo.
Ebbene, la mattina successiva al mio indimenticabile incontro con la Signora e Matilde, dopo una notte trascorsa stranamente in un clima di tranquilla attesa, che mi aveva permesso anche di dormire più a lungo del solito, quando Tosca è arrivata, come spinto da una energica determinazione, che mi faceva sentire intensamente che stavo imboccando la strada più giusta per arrivare alla conclusione di tutte le mie ricerche, le ho parlato, per sommi capi, del sogno di Matilde e della Signora, comunicandole, sia pure con aria un po’ scettica e provocatoria, per mascherare l’ansia sottile che, invece, provavo segretamente, tutta la meraviglia che avevo avvertito nell’incontrare , poi, nella realtà, in quel viale vicino a casa, quegli stessi personaggi, tali e quali li avevo visti ed ascoltati nel sogno, senza peraltro averli mai conosciuti in altra occasione. Come poteva essere possibile questa specie di miracolo ?
“Ma come, ingegnere, possibile che se ne sia dimenticato ?”, è stata la sconcertante e disarmante risposta di Tosca ; “Siamo alle solite : lei lavora troppo ed è sempre tutto immerso nei suoi calcoli e nei suoi progetti, con la testa chissà dove ! Quei “ personaggi”, come li chiama lei, li ha conosciuti circa un anno fa ! Una mattina di pioggia la sua macchina si era guastata e lei, tutto infuriato perché non era riuscito a trovare un taxi, era stato costretto a prendere l’autobus per recarsi al suo studio. Il giorno dopo mi aveva raccontato di avere incontrato, su quell’autobus, una signora con un piccolo cane in braccio; poi aveva sentito che la signora chiamava quella canina “Matilde”, trattandola con tutte le amorevoli attenzioni che si potrebbero rivolgere ad una bambina o a una persona che si ama profondamente e, ricordo, questo fatto lo aveva molto indignato, perché, secondo lei, era assolutamente privo di buon senso perdere il proprio tempo e il proprio “cervello” dietro un animale, trattandolo come un essere umano. Ricordo anche che si era accanito molto su questa sua idea, quasi come se la riguardasse personalmente ! Poi aveva concluso che quella donna doveva essere sicuramente “ fuori di testa”. Io, però, le avevo spiegato che quella donna, che si chiama Alba, la conosco bene, perché abita nella mia stessa strada, qui vicino, e non è affatto pazza, ma è una persona che vive sola ed è stata molto ammalata, qualche anno fa, subendo anche una grave operazione ; le avevo anche detto che, dopo la sua malattia, quella donna aveva ripreso con energia il proprio lavoro ed aveva trovato in quella amorosissima canina, che un amico le aveva regalato, una ragione nuova per continuare ad esistere ed amare la vita. Tutti, ormai, conoscono Alba e Matilde nel quartiere : sono una coppia inseparabile che fa grande tenerezza. Tutte le mattine, con qualsiasi tempo, passano per quel viale dove mi ha detto di averle incontrate, per andare a prendere l’autobus. Alba lavora come impiegata in un ufficio, dove le permettono di tenere anche Matilde, in una piccola cuccia accanto alla sua scrivania. Ricordo, poi, di averle detto che non era possibile che lei non le avesse mai intraviste, prima dell’incontro in autobus, dal momento che i vostri orari di andata e ritorno, in generale dovrebbero coincidere …… Lei, però, era rimasto distratto e quasi annoiato durante tutto mio discorso, e, con molta indifferenza, aveva rapidamente cambiato argomento, come se dopo aver dato di “pazza” alla buona signorina Alba, il resto delle mie informazioni non lo interessasse minimamente. Ma ora, dopo un anno, perché il fatto di incontrare casualmente Alba e Matilde l’ha messo in così grande agitazione ? C’è qualcosa che non va, ingegnere ?”.
Mentre Tosca, col consueto tono essenziale e sbrigativo, ma, nello stesso tempo, accattivante e pieno di calore, sviluppava il suo discorso sulla mia singolare “distrazione”, svelandomi, nel contempo, la vera identità della “Signora con cane”, nella mia mente ha cominciato a manifestarsi come una luce, che, dapprima tenue, aumentava di intensità quanto più Tosca parlava, fino a sfociare, al termine delle sue parole, in una sorta di bagliore accecante, come quello di un potente riflettore che illumini di colpo lo scenario di un palcoscenico, sul quale, dopo lunga ed estenuante attesa, è stato finalmente alzato il sipario.
Dapprima, infatti, ho sentito sgretolarsi le ultime barriere della mia abituale arroganza intellettualistica nei confronti delle realtà non scientificamente controllabili : il mio “sipario”, appunto ; poi ha cominciato ad apparirmi ben chiaro il significato della “rimozione” del ricordo del mio incontro di un anno fa con la Signora e Matilde, in autobus ; quindi ho cominciato a comprendere il senso delle rivoluzionarie trasformazioni emotive che, proprio da un anno a questa parte, si sono verificate nella mia personalità ; infine, altrettanto lampante mi si è svelato il significato del sogno della “Signora con cane”, che ha attivato in me tutta quella tempesta emotiva, la quale, poi, ha avuto il suo momento culminante nell’incontro reale con gli straordinari personaggi del mio sogno.
Ma questo crescendo di vibranti rivelazioni, che, eludendo le vie della logica, scendevano ormai dritte nel mio cuore, riempiendolo progressivamente di una gioia senza limiti, non potevo assaporarlo se non in quel viale, così brulicante di colori, di profumi, di sussurranti fruscii, di richiami segreti, di voci lontane, di voli solari, di magici incontri, di commoventi nostalgie, dove un giorno di Primavera, una Signora ed un piccolo cane, mi avevano sfiorato l’anima, accendendovi una dolcissima fiamma d’Amore ……: lì c’era il palcoscenico della mia vita e quello era lo scenario sul quale si era accesa la luce della mia coscienza :
ed è lì, infatti, che mi sono recato a riflettere, con aria assorta ed un po’ sognante, dopo avere salutato, con una tenerezza che non mi era assolutamente abituale, la mia fedele Tosca, che forse si attendeva chissà quale sofisticata e tagliente replica da parte mia, e, invece, ha osservato il mio comportamento, inaspettatamente affettuoso, con aria quasi delusa e sconsolata, come dinanzi ad una delle mie consuete “stranezze”.
E’ stato come se in quel viale recassi con me un forziere pieno di tesori preziosissimi, il cui alto valore mi avrebbe reso immensamente ricco, trasformando definitivamente la mia vita : solo lì, in segreto, lontano da sguardi indiscreti, ero sicuro che avrei potuto finalmente “vederli”, valutarli, toccarli, appropriarmene e gioirne ……
E’ vero ; Tosca aveva ragione : avevo visto chissà quante volte la Signora e Matilde camminare per quel viale, prima di incontrarle direttamente in autobus, e forse anche dopo ; però le avevo “viste”, ma non “notate” : non ero ancora “maturo” per potermelo concedere, e le mie reazioni “accanite” dopo il fatidico incontro, ne spiegano i motivi, in un modo che adesso mi risulta chiarissimo.
Il fatto è che da quella straordinaria coppia emanava un intenso, travolgente, incontenibile invito ad un Eros senza limiti, incondizionato, dove le forze dello Spirito (la regale Signora) e quelle della Natura (la piccola Matilde) si univano per creare un miracolo di cosmica armonia, un vero inno alla Vita, un invito a rendere completa la propria esistenza, portando a dialogo la maturità della mente con la fresca e giocosa forza creativa e fanciullesca dell’istinto. Era questa la sublime proposta che quelle due creature ispiravano tutti i giorni, con qualunque stagione, quando percorrevano il viale col passo festoso della francescana letizia, spesso giocando, rincorrendosi e chiamandosi a vicenda, prima di concludere quel magico tracciato con un tenero abbraccio.
Io, ormai giunto da poco al mezzo secolo d’età , dopo avere impegnato un’intera vita a coltivare le scienze, sotto la guida amorevole, ma molto rigorosa, di mio padre, vedovo ed anch’egli ingegnere, il quale, preoccupato di educarmi ai più sani principi morali e scientifici, mi aveva insegnato, fino alla sua morte, a non indulgere troppo ai facili ed “oziosi” languori dei sentimenti (“dove c’è ozio, là c‘è l’insidia del diavolo” era uno dei suoi proverbi preferiti), forse ormai da tempo avevo cominciato ad avvertire, più o meno oscuramente, il bisogno di integrare ed ampliare il mio stile mentale intellettualisticamente altezzoso, con la freschezza e la genuinità di nuovi sentimenti più vicini all’immediatezza della Natura e dell’Amore.
Ma da un lato l’abitudine, ormai inveterata, ad usare un eccesso di “spirito geometrico” sia nel lavoro che nella vita e, dall’altro lato, la sensazione impegnativa di non poter “ tradire” gli austeri insegnamenti paterni, avevano creato subito in me una fiera resistenza dinanzi a qualunque invito al cambiamento.
Così avevo imparato a difendermi, guardando senza vedere, sfiorando senza toccare, comunicando senza coinvolgermi, in una sorta di fragile e grottesca fuga da me stesso, che può rendere comprensibile, prima la mia “cecità” dinanzi alla quotidiana visione di quella coppia, così “divina”, ma anche per me così “scomoda”, poi l’accanito furore col quale avevo reagito all’incontro diretto con la Signora e Matilde in autobus, liberandomi di loro mediante un ostinato, quanto vigliacco anatema, subito seguito da un ottuso oblio.
Ma se la mia volontà ribadiva freddamente i divieti e rafforzava ostinatamente i rifiuti, il mio “cuore”, da me sempre trascurato, ma tutt’altro che devitalizzato dalle mie gelide geometrie logico-razionali, dopo l’episodio dell’autobus, forse proprio perché in quell’occasione avevo veramente toccato il culmine della mia ossessiva sordità verso i sentimenti, aveva cominciato a risvegliarsi prepotentemente, a parlarmi “di sorpresa”, a porre sotto severo esame critico tutte le mie certezze “scientifiche”, inoculandomi il benefico veleno del dubbio : ed era da quel momento che avevano preso inizio le sconcertanti trasformazioni della mia personalità, che non riuscivo né a comprendere, né ad accettare del tutto, subendole, mio malgrado, come una sorta di strano, ma anche affascinante sortilegio.
Infine, però, il mio bisogno pervicace di scandagliare, spiegare, anatomizzare col raziocinio delle scienze esatte anche i richiami più profondi dell’anima, era tornato a riprendere nuovo vigore, scatenando in me una breve parentesi di sterile e paradossale “caccia” ad un’impossibile spiegazione logica delle mie nuove emozioni, mentre solo abbandonandomi totalmente alle “ragioni del cuore” avrei potuto finalmente “capire”.
Ed era stato a questo punto che il mio inconscio, scavalcando definitivamente la coscienza razionale, mi aveva decisamente “scrollato” col sogno della “Signora con cane”, invitandomi severamente ad abbandonare lo scenario della mia vuota ed altezzosa cecità di persona troppo adulta, o, addirittura, troppo “vecchia” (la città deserta, immersa nella nebbia, nella quale mi aggiravo per affari, insofferente ed acido verso tutto e verso tutti), per ritornare un po’ fanciullo e seguire i richiami freschi e vitali delle dimensioni più antiche e gioiose della mia personalità (Matilde !) : quelle che, oltrepassando la corazza sociale dell’ingegnere, che mio padre mi aveva saggiamente abituato ad indossare, per aiutarmi ad essere una brava e laboriosa persona, mi riportavano ancora più indietro nel tempo, alle radici più remote della mia vita, nel magico e fiabesco territorio del mio rapporto con mia madre, illuminato dal calore inestinguibile di un Amore senza fine (la Signora !). Solo coniugando armoniosamente queste stagioni della vita, quella dell’Adulto con quella del Bambino, sarei diventato autenticamente “completo”, nella personalità e nella storia personale.
La regale, dolcissima Signora e l’incantevole, irripetibile Matilde erano entrate nella mia vita e nel mio sogno in quanto affascinanti e commoventi suggeritrici di questa magica sintesi, fondata su di un Amore materno, senza tempo, antico quanto il mondo, dove, in un immenso abbraccio, si congiungono cielo e terra, madre e figli, amante e amata, fratello e sorella, individuo ed Universo, l’infinitamente grande e l’infinitamente piccolo e tutte le altre possibili coppie di opposti : un Amore che non ammette inganni o ipocrisie, che si può solo devotamente seguire, oppure violentemente rifiutare.
Inizialmente, nel mio sogno, avevo seguito la via del rifiuto, scacciando da me violentemente Matilde, ma sentendomi, subito dopo, con infinito e lacerante dolore, come derubato del tesoro prezioso della mia infanzia. Poi, però, una volta rientrato nella realtà, l’effetto choc del sogno aveva sprigionato tutta la sua potente carica di trasformazione, dilagando nel mio intimo, obbligandomi a svestire i “panni curiali” della mia compassata professionalità e depurando la mia mente dagli ultimi residui di esasperato intellettualismo. In questa “tenuta”, libero dalle mie abituali corazze difensive ed ormai pienamente convinto in tutta coscienza di dovere definitivamente cambiare la mia vita, avevo spiccato la corsa verso il mio grande appuntamento d’Amore, in quel magico viale, dove la strada della “Signora con cane” , si era incontrata finalmente con la mia, come in un luminoso e risolutivo crocevia, in un clima, quasi, di congiunzione nuziale, nel quale avevo ritrovato i “tesori nascosti”, che mi mancavano per divenire un uomo completo.
Adesso, giunto ormai alla conclusione del mio sorprendente percorso di ricerca, sto trascorrendo questi ultimi giorni di “ozio” in uno stato d’animo di pieno, euforico appagamento interiore. Tutto, ormai, mi è chiaro e non sussistono più zone d’ombra o di tormento nella mia mente. Fra poco riprenderò il mio lavoro, ma so che ora i miei atteggiamenti umani e lavorativi saranno diversi rispetto al passato : niente più vane superbie intellettuali o fredde e distaccate cortesie ; la mia usuale competenza tecnica si armonizzerà sicuramente con una ricchezza del tutto nuova di amorevole ed amichevole disponibilità verso il prossimo.
Nel frattempo, col tipico, entusiastico ardore del neofita, riesco ancora a malapena a staccarmi dal “mio” viale, di cui, quasi come se ne fossi divenuto il giardiniere, conosco, ormai, ogni angolo più segreto, ogni albero, ogni fiore, ogni profumo, ogni animale, ogni brusio.
Là, quotidianamente, avverto il bisogno imperioso ed intensissimo di rivedere la signorina Alba e la sua (o forse, a questo punto, nostra ?) Matilde, attendendo, con trepida ansia, l’ora del loro passaggio. Quando le vedo arrivare, immerse sempre in quell’aura di gioiosità che ambedue sprigionano, provo come un tuffo al cuore e vorrei avvicinarmi, parlare con loro, diventare un loro inseparabile amico, sicuro di poter scoprire inaspettate coincidenze di interessi, di gusti, di mentalità, di visione della vita : ma poi, almeno per ora, desisto, come se temessi di interrompere un sogno, di deludere, o rimanere deluso, per cui mi trovo a rimandare un incontro che, malgrado ogni resistenza da parte mia, sento comunque già presente ed imminente nell’aria e nel mio destino.
Anche ieri le ho incontrate nuovamente, come sempre ; sono giorni, ormai che le vedo prendere l’autobus la mattina presto, alle sette circa, e le incrocio, poi, al ritorno, nel tardo pomeriggio, quasi verso l’ora di cena. Forse non sanno che ora le osservo ; forse non mi hanno neppure notato ; d’altra parte, anche io, in altri momenti, passai loro accanto distrattamente, da viandante frettoloso che ero …… almeno fino a poco tempo fa ……
Già, perché adesso …… sono cambiato !
Firenze, 23 Giugno 2001
Luigi Adamo